Suicidi in divisa tra il silenzio delle istituzioni ed effetto emulazione.
Assistiamo, ormai da troppo tempo, al susseguirsi inesorabile di eventi suicidari nei ranghi delle FFAA e delle FFOO che, solo nel 2019, ha presentato un bollettino di guerra: 69 vittime, mentre da inizio anno se ne contano già 9.
Le motivazioni sono diverse e hanno riscontro clinico e sociale. Ad amplificare la tragicità dei fatti vi è l’assordante silenzio delle istituzioni. Un silenzio che non aiuta e non risponde al grido di dolore di ragazzi in divisa che compiono, sempre più frequentemente, il gesto estremo.
Nessuno studio, nessun osservatorio, nessuna rilevanza. Le paure di esprimere il proprio malessere sono tante e si verificano specialmente in momenti di crisi socio-economica, familiare o individuale. Il tutto in un contesto vissuto ormai quasi interamente tra social e media che, sembra, siano in grado d’influenzare il tasso di suicidi in una società per il semplice fatto di annunciarli o darne costanti e dettagliate notizie.
Tra il 1947 ed il 1968, il sociologo David Philips condusse uno studio approfondito sulla relazione tra la pubblicazione di articoli stampa e suicidi dimostrando che, nel mese successivo alla pubblicazione sul New York Times del suicidio di un personaggio famoso, il tasso dei suicidi aumentò quasi del 12%.
Questo fenomeno psicologico di massa fu da lui chiamato Effetto Werther nel 1974, poiché ripreso da “I dolori del giovane Wether” di Goethe, dove il protagonista del romanzo si suicida per amore. Il successo dello scritto fu di tale portata che, visto il suicidio di circa quaranta giovani che si tolsero la vita emulando appunto Werther, la Danimarca e l’Italia ne vietarono la diffusione. L’emulazione resta un fenomeno che si ripete ancora oggi tanto che il Canada, nel 2017, ha provato a vietare la serie tv Tredici, nella quale la protagonista ha registrato i tredici motivi che l’hanno spinta a togliersi la vita, ritenendo che potesse causare l’effetto Werther nei giovani spettatori. La stessa Organizzazione Mondiale della Sanità ha elaborato un documento con precetti per i giornalisti che riportano notizie in merito ai suicidi, in quanto problema di salute pubblica non sufficientemente preso in considerazione e per cui ha dettato ulteriori linee guida.
Il consiglio migliore è di trattare con sensibilità questi casi, evitando il sensazionalismo a tutti i costi per esclusive necessità editoriali ed omettendo i particolari più cruenti che potrebbero, nei soggetti più a rischio, portare ad una idealizzazione del suicidio come unica via di fuga da una realtà avvertita come dolorosa e soffocante. Nessuno di noi conosce quale sia l’elemento scatenante che porti a compiere gesti così tragici ed estremi ma, ognuno di noi, può contribuire a salvare un fratello, ponendo in atto tutte quelle cautele che il buon senso ci impone.