Strage di via Carini: il ricordo e l’esempio del Generale Dalla Chiesa
Palermo – Sono le 21.15. La raffica di un AK-47 rompe il silenzio di via Carini. I proiettili raggiungono due auto: una è quella del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e della moglie Emanuela Setti Carraro, l’altra è dell’agente di scorta Domenico Russo. I loro corpi vengono dilaniati dai colpi di mitra di cosa nostra, in quella che fu la strage di via Carini a Palermo, ad opera del mandante Totò Riina, insieme con Pino Greco, Antonino Madonia, Calogero Ganci, Giuseppe Lucchese ed altri. I coniugi Dalla Chiesa morirono sul colpo mentre l’agente Domenico Russo morì dodici giorni dopo. Il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, dopo aver avviato con successo il processo di disgregazione delle Brigate Rosse, venne inviato a Palermo come Prefetto subito dopo l’omicidio del sindacalista e uomo politico comunista Pio La Torre, per mettere fine alla cosiddetta “seconda guerra di mafia”, nella quale i Corleonesi massacrarono i loro nemici per prendere il controllo dell’organizzazione e assassinarono valenti investigatori, magistrati e uomini politici come Boris Giuliano, Cesare Terranova, Piersanti Mattarella, Gaetano Costa. Ma, nei cento giorni da Prefetto a Palermo, Dalla Chiesa non ebbe i promessi e non meglio precisati “poteri speciali” dal Governo, come dallo stesso Generale dichiarato pochi giorni prima della strage nell’intervista rilasciata a Giorgio Bocca. Lo scalpore e lo sgomento per la tragica morte del Generale colpì l’Italia intera. Ma, in quella sera di fine estate, quella raffica di mitra ruppe per la prima volta l’involucro di omertà in cui la legalità era da sempre, in quella terra, imprigionata. La gente di Palermo lo dimostrò il giorno seguente l’ omicidio, affiggendo in via Carini un cartello che era un grido di aiuto allo Stato ed un omaggio al Prefetto : “Qui è morta la speranza dei palermitani onesti”. Il sangue versato quella notte macchiò le coscienze degli italiani, scuotendole “da un capo all’altro d’Italia” e, quella che sembrava la fine di una speranza, segnò invece l’inizio di una nuova consapevolezza dei palermitani, di un’ondata di libertà dalla mafia e legalità che avvolse tutta la Sicilia. Perché non era un Generale qualsiasi, Dalla Chiesa, ma un vero Comandante per i suoi uomini, un esempio per i giovani Carabinieri che, oggi come allora, vengono attratti dal profondo senso dello Stato e dalla continua ricerca della legalità, che sapeva e continua a trasmettere. Il Comandante indiscusso che ogni Carabiniere avrebbe voluto come superiore.
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