“Scherzo o Derisione? Il Confine Sottile che Fa la Differenza”
Roma. Ridere è uno dei gesti più umani che esistano. Lo facciamo per gioco, per scaricare tensione, per sentirci più vicini agli altri, per imbarazzo e per molto altro. E spesso, lo scherzo è proprio lo strumento con cui costruiamo complicità, smussiamo i conflitti e creiamo/sviluppiamo diversi legami. Pensiamo alla stand-up comedy, ai programmi comici o alle battute tra amici: quando è fatto con intelligenza e rispetto, lo scherzo ha una durata temporale limitata e senza conseguenze durature. Inoltre, fa ridere insieme alla persona coinvolta, non di lei. È infatti importante evidenziare che il concetto stesso di “scherzo”, può talvolta essere frainteso o male interpretato. In un “vero” scherzo, infatti, il divertimento coinvolge non solo l’autore, ma anche chi lo subisce, e ha una durata temporale limitata, senza conseguenze durature. Ma non tutti gli scherzi sono uguali. Quando vengono usati per umiliare, escludere o ferire il soggetto dello scherzo, smettono di essere un gioco e diventano un’arma. La quale, anche se mascherata da “è solo una battuta”, può lasciare segni profondi e a volte permanenti. La scienza lo conferma: il nostro cervello reagisce a certi tipi di umiliazione con lo stesso livello di stress che provocherebbe una minaccia fisica. Purtroppo, troppo spesso lo scherzo viene usato come scusa per giustificare comportamenti offensivi e a volte violenti. È una dinamica che può variare nel tempo, è molto comune nei casi di bullismo, dove l’aggressore si deresponsabilizza con frasi come “stavo solo scherzando” o “non te la prendere, era una battuta”; quando, in realtà, dietro quella maschera di leggerezza si nascondono gesti che possono avere un impatto profondo sulla vittima. Il bullismo può manifestarsi in due forme principali: Diretta, in cui l’aggressore entra in contatto faccia a faccia con la vittima: insulti, spintoni, prese in giro umilianti, tutto sotto gli occhi di chi guarda, e che a volte ride. Mentre, la forma Indiretta è più subdola ma altrettanto dannosa, dove la persona non viene “colpita” direttamente, ma attraverso la distruzione dei suoi oggetti personali, la diffusione di voci o l’esclusione sistematica dal gruppo. è importante sottolineare che in entrambi i casi, la sofferenza è reale. Un esempio potente di questa dinamica si può vedere nel film Il ragazzo dai pantaloni rosa. In una scena particolarmente crudele, il protagonista viene travestito da prostituta e portato a una festa come oggetto di scherno. Tutto viene presentato come uno “scherzo”, ma non c’è niente di divertente. Quello che accade è un atto di umiliazione pubblica, in cui l’identità e la dignità della persona vengono messe in ridicolo davanti a tutti. Questa scena, come molte situazioni reali, ci obbliga a riflettere e a farci una domanda fondamentale: stiamo ridendo con qualcuno, o di qualcuno? La differenza è sottile, ma fondamentale. Uno scherzo fatto bene fa sentire le persone parte di qualcosa. Uno scherzo fatto male, invece, può isolare, ferire, o peggio ancora, normalizzare forme di bullismo e discriminazione. Ridere fa bene, ma solo se nessuno per ridere deve pagarne il prezzo.
SIM CARABINIERI Dipartimento salute e benessere
Responsabile Dott.ssa Laura Seragusa
Andrea Rizzi – Annarita Marzulli – Caterina Principe – Chiara Galatà – Francesco Iodice – Samuele Bove
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