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Liberta di pensiero nelle Forze Armate

“Dinanzi alla presa di posizione pubblica di un alto ufficiale rispetto ad alcune tematiche di particolare interesse sociale e politico, il discrimine tra libero pensiero e potenziali “sbavature” dello stile militare è rappresentato da tempistiche, modalità ed impatto di tale scelta. Se da un lato, infatti, la Costituzione tutela nella Parte I e Parte II i Diritti e doveri dei cittadini ed i Rapporti civili, essa pone altresì degli obblighi in capo agli stessi.   Come avviene nella Parte IV, relativa ai Rapporti politici. Pertanto, la libertà di pensiero di ogni cittadino è sacrosanta se esercitata nell’ambito della liceità dei modi e dei contenuti. Ne consegue che il cittadino che sia anche membro delle F.F.A.A. è un uomo o una donna che, avendo aderito alla volontaria dipendenza dello status di “militare”, non solo si impegna ai sensi dell’art. 52 della Costituzione ad adempiere un dovere sacro, ma accetta coscientemente e consapevolmente (ad oggi), con il giuramento solenne di fedeltà, un contegno sobrio, imparziale che salvaguardi il coinvolgimento delle F.F.A.A. stesse dalla competizione politica, divenendo cittadino servitore dello Stato.  Ciò rappresenta un sublime bilanciamento di poteri tra le diverse realtà che coesistono e devono cooperare pacificamente nel nostro ordinamento democratico, in ossequio alla separazione tra poteri dello Stato, ossia la distinzione netta tra chi, forte delle armi che imbraccia per difendere la Patria, deve estraniarsi da ogni atteggiamento che possa importare, anche involontariamente, questa condizione di forza percepita nell’agone della politica,  che deve essere immacolato, pacifico, libero e scevro da fattori esterni di contaminazione (quale la forza percepita delle armi, appunto).  La linea di pensiero più in armonia con lo spirito di servizio -sostanziale – delle Istituzioni potrebbe anche tenere in considerazione come, ad oggi, le F.F.A.A. italiane si contraddistinguano, rispetto ad altre realtà socioeconomiche del Paese, per una capacità di inclusione immediata e di riconoscimento della parità tra soggetti che è sconvolgente.   Mentre, infatti, nella società civile occidentale si dibatte e ci si batte affinché inclusione e parità retributiva vengano raggiunte, mi risulta che le nostre F.F.A.A. assicurino da sempre uguale trattamento economico ad ogni individuo, a prescindere dal sesso, dall’orientamento di genere, dalle preferenze di genere e dalle convinzioni religiose. Il contegno e lo spirito di disciplina, portano ad attente riflessioni nell’esprimersi in pubblico su tematiche pubbliche, sono proprio perché le istituzioni e le F.F.A.A. sono “super partes”, a tutela della democrazia, al servizio della Costituzione, per la difesa di libertà ed uguaglianza.   Lo status militare non è violazione o compressione della libertà di pensiero, ma la ponderazione di ciò è un contrappeso costituzionale, che conferisce ancor maggior dignità ai servitori della Patria, che in Italia beneficiano di piena uguaglianza, inclusione e considerazione.  Il Ministro Crosetto, quale Ministro della Difesa, con maestria,  sul caso del Generale dell’istituto geografico militare di Firenze, ha spiegato molto bene come l’agire istituzionale sia diverso dall’agire politico, proteggendo di fatto l’istituzione militare dalla famelicità politica dei soliti “marpioni”, che fin da subito, hanno assaporato il pienone di voti in nome e per conto della libertà di pensiero.   Ci saremmo augurati, da tali persone, il medesimo clamore a seguito della pubblicazione della circolare del Comando Generale Arma dei Carabinieri sull’uso consapevole dei social, e anche prima, dove il solo like su un “post”, ha mietuto più vittime disciplinari che sbarchi di clandestini.   Ricordiamo un sottufficiale dell’Arma dei carabinieri, poi posto in congedo a seguito di alcuni procedimenti disciplinari, perché con le proprie tesi giuridiche circa <<l’incostituzionalità dell’Islam e l’impossibilità di credere nell’esistenza di un islam moderato>>, si è visto contestare violazioni dei doveri attinenti al grado ed al giuramento prestato e per aver inficiato l’apoliticità della Forza Armate. Ovviamente, lui era solo un umile “sottufficiale” e nessuno si è posto il problema della libertà di pensiero; nessuno ha pensato minimamente di contestare l’istituzione della difesa con l’allora Ministro Roberta Pinotti. Due pesi e due misure. Ricordiamo quanto sia difficile controllare il controllore e quanto sia semplice intervenire sulla base piuttosto che nei confronti di chi ha funzioni di alto Comando, anche se le responsabilità è oggettiva.   Che ci frega dei clandestini se la sicurezza funziona con equipaggiamenti moderni e le mele marce vengono subito individuate ed espulse senza se e senza ma?   Le affermazioni devono essere chiare, e non devono essere fraintese, il problema non è il bianco, il nero o il giallo, il mussulmano, il buddista o cristiano, ma un sistema sicurezza al collasso che non ti dà la possibilità di distinguere il bene dal male, il buono dal cattivo che porta il cittadino alla diffidenza, all’insofferenza con una maggiore percezione negativa verso l’apparato stesso.  Che ci frega degli orientamenti sessuali se non calpestano i tuoi?  che ci frega in particolare dei pensieri del dirigente che parla bene e poi razzola male?

Adesso, improvvisamente, la curiosità sulla libertà di pensiero assale tutti; ognuno vuole sapere quali siano i confini per dire la loro, quando invece era la manovalanza a vedersi ingiustamente tappata la bocca, non importava niente a nessuno. Sinceramente, quello che conta sono le azioni, i fatti di chi con le stellette, scevro da ambizioni politiche, produce azioni concrete, fatti e non parole, comportamenti che diano a noi tutti la dignità di essere militari liberi e orgogliosi di esserlo.

Antonio Serpi Segretario Generale Nazionale

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