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LETTERA APERTA AL MINISTRO DELLA DIFESA CROSETTO

ROMA – All’indomani dell’ennesimo gesto estremo posto in essere da un appartenente alle forze di Polizia (ci riferiamo ai noti e tristi fatti di Asso, in provincia di Como), il “neo” Ministro della Difesa Crosetto dichiara: “Mai più eventi come questo” e continua “Il supporto psicologico al personale militare sarà completamente ripensato.” E’ a Lei Sig. Ministro che ci rivolgiamo con questa lettera aperta, affinché possa essere un contributo per le Sue preziose riflessioni.

Partiamo dai dati. Dal rapporto “World Mental Health. Transforming mental health for all”, presentato in data 17 giugno 2022 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, emerge che attualmente nel mondo 1 persona su 8 soffre di un disturbo mentale. Nello specifico, il 31% dei casi totali riguarda disturbi legati all’ansia, mentre il 28,9% combatte contro la depressione. La prima domanda da porsi è: possiamo escludere da questi dati il personale militare? E in particolare cosa sappiamo dei Carabinieri?

Ebbene, sig. Ministro ecco quello che sappiamo sui Carabinieri:

  1. In primo luogo, dopo aver acquisito l’idoneità psicofisica all’atto della procedura concorsuale, il militare non viene MAI PIÙ valutato, durante il servizio, al fine di accertare il mantenimento dei requisiti psichici! E questo diversamente da quanto accade per il personale civile, il quale invece, secondo quanto previsto dalla la legge sul porto d’armi viene, giustamente, sottoposto ad una periodica rivalutazione dell’idoneità psichica. Quindi i carabinieri non vengono mai più visitati dall’arruolamento, mai sottoposti a dei controlli periodici nonostante l’arma in dotazione individuale, soprattutto per chi espleta le funzioni di comando ed è responsabile della salute e del benessere dei dipendenti che per necessità logica deve avere un equilibrio psicologico adeguato che oggi non viene accertato, creando di fatto un “tutti sanno tutto e nessuno sa”, anzi il più delle volte chi invia a visita il militare è il comandante del quale si dà per scontata l’idoneità psichica. Tra l’altro, per quanto riguarda i Carabinieri, sappiamo che le procedure per l’accertamento dei requisiti psichici all’atto del concorso NON prevedono un colloquio con lo psicologo ma soltanto una valutazione psichiatrica di presenza/assenza di malattia mentale nel qui ed ora. Questo vuol dire che non vengono valutati eventuali tratti di personalità che potrebbero essere vulnerabili ad eventuali stimoli stressogeni, determinando nel tempo una certa fragilità esistenziale o la messa in atto di condotte, simili a quelle raccontate dalla recente cronaca. Anche la procedura di accertamento dell’idoneità psichica in fase concorsuale andrebbe del tutto riformata!
  2. L’attività lavorativa del carabiniere è evidentemente a rischio di stress-lavoro correlato. Eppure, ad oggi NON è MAI STATA FATTA, nella nostra amministrazione, UN’ANALISI APPPROFONDITA DI QUESTO FATTORE!!!! Tutte le proposte di ricerca in questo ambito vengono regolarmente bocciate o osteggiate. Come NON è MAI STATA SVILUPPATA un’adeguata analisi del CLIMA ORGANIZZATIVO. Fattore chiave per il benessere del personale. Cosa stiamo aspettando? Come facciamo a sapere se la nostra organizzazione è in buona salute se non facciamo una seria valutazione dello stress-lavoro correlato e del clima organizzativo?
  3. Non esiste per l’Arma dei Carabinieri, la possibilità di applicare livelli diversi di idoneità al servizio in funzione delle esigenze specifiche. In particolare, molte persone potrebbero essere considerate idonee a svolgere attività “d’ufficio” ma non avere l’arma al seguito! Questo porterebbe moltissimi vantaggi sia all’amministrazione che al militare! Sappiamo che è già possibile all’interno della Polizia di Stato.
  4. L’Arma dei Carabinieri, purtroppo, nonostante il tentativo di delegare in outsourcing la cura del militare con l’attivazione del servizio Help Line con il Sant’Andrea non sembra offrire più una risposta celere, efficace e al passo con i tempi. Il numero degli accessi ad oggi è infatti limitatissimo.
  5. Quando ad un militare, inviato a visita medica, viene fatta una diagnosi inerente alla sfera psichica, lo stesso viene messo in convalescenza ma non viene poi seguito dal punto di vista psicoterapeutico poiché i numeri dei professionisti della salute mentale attualmente presenti nell’amministrazione non lo consentono. Il militare, quindi, viene messo in convalescenza e poi allo scadere dei giorni viene rivalutato, ma non viene mai seguito da nessuno da un punto di vista psicoterapeutico! Salvo che lo stesso non lo faccia in forma privata, e a proprie spese.
  6. A proposito del punto precedente va sottolineato, ancora una volta, che il numero di psicologi e di medici presenti nell’Arma dei Carabinieri è irrisorio rispetto al numero dei militari. Lo abbiamo già detto in altre sedi. Abbiamo un numerico di psicologi che non arriva a 40 unità per un numero di militari che supera i 110 mila!

I concorsi per arruolare i tecnici sono pochi e per certi versi privi di senso. Ci si ostina, per esempio, ad inserire nel concorso alcune prove fisiche quali la corsa o i piegamenti sulle braccia che hanno determinato quest’anno (nell’Arma dei Carabinieri) l’esclusione dei pochi medici che avevano presentato la domanda per il concorso e hanno eliminato gran parte degli psicologi! Vogliamo arruolare dei professionisti della sanità o degli atleti? Che senso ha inserire in questo concorso le prove fisiche con una valenza tale da determinare l’esclusione del medico che non riesca a portare a termine il numero di piegamenti sulle braccia previsti dal concorso? Non sarebbe più logico eventualmente usarle come prove che determinano un punteggio incrementale? E non un’esclusione dal concorso? Possiamo ottenere il numerico adeguato se ogni anno vengono arruolati, tra i professionisti della sanità, 2 o 3 unità al massimo? (3 posti banditi a concorso e 0 medici assunti, ma forse è più importante correre i 1000 mt che essere un buon clinico).

  1. Inoltre, il personale sanitario è osteggiato con continui trasferimenti e non solo con una guerra contro l’esercizio della libera professione che invece permetterebbe la necessaria pratica professionale a garanzia di sviluppo di competenza ed efficacia degli interventi. Eccoci, dunque, assistere al “fuggi fuggi” dei sanitari, con una scarsissima presenza concorsuale e tante domande di congedo!
  2. Il quadro sopra esposto ha, tra altro, portato alla chiusura di numerose CMO con conseguente invio del personale militare in strutture civili che non hanno parametri valutativi per quanto concerne l’idoneità psichiatrica coerenti con le organizzazioni militari e di polizia. Il tutto al fine di risparmiare sia economicamente che organicamente a loro dire.
  3. Siamo sicuri che un militare trasferito per incompatibilità da un qualsiasi Comando possa reggere un comando paritetico con la serenità necessaria? Siamo sicuri che la rigidità del militare sia sinonimo di bravura ed equilibrio mentale o non sia piuttosto un fattore di rischio nella gestione degli eventi stressogeni? Bene queste scelte le devono fare gli specialisti.

Sig. Ministro, i punti sopra esposti non vogliono essere una sterile polemica ma uno spunto di riflessione affinché davvero si pensi ad una riforma del supporto psicologico al personale militare. In tal senso ci consideri a Sua totale disposizione, come tecnici e come carabinieri, per immaginare le strategie che meglio possano portare allo sviluppo del benessere organizzativo. A tutti noi sta a cuore il benessere degli uomini e delle donne dell’Arma dei Carabinieri. Il loro benessere significa il benessere dell’Organizzazione stessa, il benessere della nostra amata Arma dei Carabinieri, affinché ciascuno al suo interno torni ad operare, davvero, secondo quanto indicato dalla nostra premessa al Regolamento Generale “Affinché il lavoro degli ufficiali e dei loro dipendenti sia fecondo di risultati positivi, è necessario che sia svolto con animo lieto, in un clima di serenità e comprensione” (premessa al Reg. Gen. dell’Arma, par. VI).

Antonio Serpi
Segretario Generale Nazionale

Dott.ssa Laura Seragusa, PhD
Capo dipartimento salute e benessere

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