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Le forme di previdenza complementare: i c.d. fondi pensione -parte I

Carissimi lettori, sulla scia delle precedenti pillole, continuiamo con il nostro Presidente Giuseppe Bonadonna ed il nostro esperto Professore Francesco Vallacqua ad approfondire alcune tematiche necessarie per capire come effettuare le scelte previdenziali.

                                                                                                                                                                                                                                                                                       Antonio Serpi
                                                                                                                                                                             Segretario Generale Nazionale SIM Carabinieri

Il Presidente:
In questo articolo ci concentreremo su cosa sono le forme di previdenza complementare, i c.d. fondi pensione. Questo ulteriore tassello è indispensabile per capire quali scelte possono essere effettuate da tutti i cittadini che degli anni hanno visto ridotto l’importo delle pensioni pubbliche loro dovute. La situazione non è uniforme per tutti i lavoratori, per cui in questo articolo ci  concentreremo in via preliminare solo sulle caratteristiche principali dei fondi pensione. Nei prossimi articoli vedremo poi quale il trattamento fiscale e la situazione specifica per i carabinieri e più in generale per tutte le forze armate e di polizia.
Professore:
L’attuale configurazione del sistema previdenziale italiano è il risultato di una complessa evoluzione e sovrapposizione di varie normative, che trovano il loro fondamento nell’articolo 38 della Costituzione, dal quale è possibile trarre le definizioni sia di assistenza che di previdenza (art. 38, commi 1 e 2, Cost.). L’analisi della previdenza di base va inquadrata nell’ambito delle riforme previdenziali avviate soprattutto a partire dagli anni novanta. Il filo conduttore che unisce le varie riforme è:
1. l’innalzamento dell’età pensionabile;
2. il contenimento dell’entità delle prestazioni;
3. l’armonizzazione tra lavoro pubblico e privato;
4. l’introduzione ed il perfezionamento di forme di previdenza complementare (fondi pensione chiusi, fondi pensione aperti e forme individuali di previdenza) al fine di garantire più elevati livelli di copertura previdenziale.
A seguito di tali provvedimenti e dei successivi, ci si è lentamente avviati verso un modello a più “pilastri”, in cui alle forme obbligatorie di previdenza pubblica se ne sono aggiunte altre, quelle complementari ad adesione volontaria.
Il primo pilastro è rappresentato dal sistema pubblico obbligatorio, a ripartizione (quello in cui i contributi dei lavoratori finanziano le pensioni correnti). Il termine “pubblico” è riferito al fatto che i vari lavoratori sono tenuti obbligatoriamente a contribuire a specifici enti o Casse (per i liberi professionisti) in relazione all’attività lavorativa svolta;
il secondo pilastro (caratterizzato da una gestione a capitalizzazione-cioè con investimento nei mercati finanziari- da parte di soggetti specializzati) è basato su una adesione volontaria ai c.d. fondi pensione.
il terzo pilastro è dato dalla sottoscrizione a titolo individuale di contratti assicurativi
tradizionali diversi dai c.d. fondi pensione.

 

 

Il Presidente : gentilissimo Professore ci può spiegare cosa sono le forme di previdenza complementare?

Il Professore: Le forme di previdenza complementare sono strumenti volti ad erogare “più elevati livelli di copertura previdenziale” rispetto a quelli offerti dal sistema pubblico, ad adesione volontaria. I finanziamenti (contributi a carico del lavoratore e del datore di lavoro, quote di TFR) confluiscono in un conto individuale e vengono investiti nei mercati finanziari prevalentemente per il tramite dei gestori professionali a ciò abilitati, scelti dal fondo secondo rigorose procedure di gara vigilate dalla autorità specifica. Tale meccanismo è volto all’ottenimento di un montante derivante dalle risorse investite e dai relativi rendimenti. Il montante verrà, poi, utilizzato per l’erogazione delle prestazioni previdenziali, secondo le regole dettate dalla disciplina di riferimento. Ciò che rende le forme di previdenza complementare diverse da altri strumenti finanziari tradizionali (per esempio, i fondi comuni di investimento) è l’esistenza di una serie di norme di controllo oltre a criteri e limiti di investimenti, specifici e stringenti, mirati al raggiungimento dello scopo previdenziale cui essi tendono. Nell’ambito della previdenza complementare, è possibile identificare sia le forme collettive (fondi pensione chiusi, fondi pensione aperti ad adesione collettiva), che si rivolgono ad un collettivo omogeneo di destinatari definiti sulla base di appositi criteri (es.: lavoratori di una stessa impresa, lavoratori cui si applica uno stesso tipo di contratto, lavoratori di uno stesso comparto, ecc.), sia le forme individuali c.d. FIP (adesione individuale ad un fondo aperto, sottoscrizione di un piano individuale di previdenza attuato tramite contratti di assicurazione sula vita c.d. PIP), le quali si basano invece sull’adesione del singolo soggetto, considerato in quanto tale, che volontariamente ed indipendentemente da disposizioni varie (previste ad esempio dalla contrattazione collettiva) aderisce a strumenti previdenziali messi a disposizione sul mercato da appositi operatori (banche, assicurazioni, società di intermediazione mobiliare, società di gestione del risparmio) per far fronte alle sue esigenze pensionistiche. Le fasi, in cui si articola il funzionamento di una forma di previdenza complementare, sono tre. La fase di adesione e di raccolta delle risorse finanziarie. In questa prima fase, il soggetto aderisce volontariamente alla forma attraverso la sottoscrizione del modulo di adesione, con contestuale accensione di un conto individuale a suo nome. Ciò deve avvenire dopo la previa lettura dell’apposita documentazione e, in particolare, delle c.d. informazioni chiave per l’aderente e del documento definito “La mia pensione complementare”.
Attraverso questi documenti il soggetto prende atto delle caratteristiche della forma (modalità di contribuzione, frequenza dei versamenti, modalità d’investimento, costi ecc.) ed effettua le relative scelte (quanto contribuire, come ripartire le sue risorse tra le linee di investimenti offerte ecc.). Circa le modalità di contribuzione le fonti di finanziamento della previdenza complementare sono riconducibili ai seguenti elementi:
contributi versati dal lavoratore;
contributi versati dal datore di lavoro;
TFR (trattamento di fine rapporto)
La fase di accumulo (gestione finanziaria delle risorse). In tale fase le risorse, accantonate in conti individuali, sono investite nei mercati finanziari e generano rendimenti sulla base delle politiche di investimento definite dalla forma di previdenza. Il fondo pensione non può arbitrariamente investire le risorse ma è soggetto a stringenti regole volte a tutelare il fine previdenziale (esempio: non si può investire in immobili o in derivati speculativi)

 

 

Il Presidente: quindi, limitandoci ai fondi negoziali dalla tabella precedente si può evincere come su un periodo di osservazione, che comprende la fase di avvio dell’operatività delle forme complementari nonché diversi altri periodi di turbolenza dei mercati finanziari, il rendimento medio annuo composto dei fondi pensione negoziali è comunque positivo (3 per cento) e superiore a quello del TFR (2 per cento). E la fase di erogazione?

Il Professore: in tale fase le forme di previdenza complementare erogano agli aderenti, che ne hanno maturato il diritto, una rendita (prestazione erogata con una determinata periodicità) o un capitale o un mix di rendita e capitale in relazione al montante da essi maturato. La legislazione della previdenza complementare tende a privilegiare l’erogazione di una rendita in luogo di un capitale, ritenendosi la prima maggiormente attinente alle esigenze previdenziali dei soggetti.

 

Le prestazioni sono di due tipi pensionistiche e non pensionistiche.
Nelle prestazioni pensionistiche il diritto è collegato ai requisiti, anagrafici e contributivi, del regime previdenziale obbligatorio, con almeno 5 anni di partecipazione al fondo. Le prestazioni non pensionistiche sono quelle erogate prima del raggiungimento dei requisiti previsti per la pensione pubblica. Si tratta di anticipazioni, (es: per le spese sanitarie e/o per l’acquisto e ristrutturazione della prima casa, o esigenze diverse) o riscatti (es: nel caso in cui si perda il lavoro).
Quanto sopra smentisce la generica affermazione che le risorse investite in un fondo sono vincolate fino alla pensione anche qualora se ne abbia bisogno prima per esigenze tipo quelle prima indicate.
In alcuni casi è possibile inoltre ottenere tutto il montante in capitale e precisamente nel caso in cui la conversione in rendita del 70% del montante accumulato risulti inferiore alla metà dell’importo annuo dell’assegno sociale.

SIM CARABINIERI
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Il Presidente Giuseppe Bonadonna
Il Professore Francesco Vallacqua
Docente di Economia e Gestione delle Assicurazioni vita e dei fondi pensione Univ. L. Bocconi., Socio Benemerito ANC. 

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