In memoria dei Carabinieri deportati
Il 7 ottobre 1943, di primo mattino, paracadutisti tedeschi e SS circondarono le principali caserme dell’Arma a Roma, bloccando all’interno i Carabinieri, ignari del loro destino. Il tenente colonnello delle SS Kappler, capo della polizia e dei Servizi di sicurezza tedeschi a Roma, in nottata. aveva inviato un telegramma a Berlino, avente ad oggetto “il disarmo dei Carabinieri reali”. Oltre 2000 Carabinieri in servizio nella Capitale, forse 2.500 (il numero è incerto poiché i tedeschi bruciarono tutti gli archivi delle caserme), furono catturati e l’indomani avviati alle stazioni ferroviarie Ostiense e Trastevere per salire su treni merci diretti a Nord, con la falsa notizia (fatta circolare ad arte per tranquillizzarli) che sarebbero scesi a Fidenza, per essere impiegati nei territori del Nord Italia. In realtà, tutti i Carabinieri catturati furono deportati in campi di lavoro o di internamento in Austria, in Germania o in Polonia, da dove oltre 600 non tornarono più; gli altri riuscirono a fare ritorno soltanto dopo anni di fatiche, sofferenze e stenti. La deportazione dei Carabinieri romani era funzionale a quella degli Ebrei. Infatti, dopo solo otto giorni, il 16 ottobre , messi fuori gioco i militari dell’Arma, centinaia di ebrei furono catturati in tutta Roma e in particolare nel ghetto, in via Portico d’Ottavia. 1023 di loro furono avviati a Auschwitz: tornarono in 16 (15 uomini e una donna).