Il SIM Carabinieri ricorre all’azione per la repressione della condotta antisindacale
Anche il sindacato dei militari può ricorrere all’azione per la repressione della condotta antisindacale quando si oppone al trasferimento di un dirigente sindacale che aveva richiesto la predisposizione di dotazioni di protezione anti-Covid per i Carabinieri
Grazie all’assistenza di Legalilavoro, il contrasto tra il Segretario Generale Provinciale del SIM (Sindacato italiano militari) Carabinieri di Palermo e l’Arma dei Carabinieri è stato risolto con un accordo dinanzi al Tribunale del lavoro di Palermo.
La controversia era sorta a seguito del trasferimento d’ufficio del dirigente del SIM-Carabinieri dopo che questi aveva diffuso una nota sindacale nella quale richiedeva la predisposizione di dotazioni di protezione anti-Covid per i militari in servizio.
Vi è da segnalare che il Tribunale ha riconosciuto di fatto la competenza del giudice ordinario a trattare il caso, senza declinare la propria giurisdizione come era stato richiesto dal Ministero convenuto, così stabilendo un utile precedente in favore del personale militare, sul la possibilità di ricorrere all’efficace azione per reprimere la condotta antisindacale prevista all’art. 28 dello Statuto dei lavoratori.
Secondo la disposizione dello Statuto, le rappresentanze sindacali possono chiedere al giudice di emettere un tempestivo decreto contro il datore di lavoro che abbia adottato comportamenti diretti ad impedire o limitare l’esercizio della libertà e dell’attività sindacale. Libertà sindacale che, come rivela il caso, può certamente esprimersi nel diritto di critica riguardante la materia della sicurezza e salute dei lavoratori, senza che questo influisca sulla natura fiduciaria del rapporto di servizio e gerarchico.
Come sa chi segue la materia, il diritto alla libertà e all’attività sindacale per i militari ha avuto un riconoscimento solo recente, con l’importante sentenza n. 120/2018 della Corte costituzionale. Solo da quel momento hanno potuto costituirsi i primi sindacati militari – e il SIM tra questi – ma rimangono incerti e combattuti i confini ed i contenuti sui quali può svolgersi l’attività sindacale, tenendo conto di ovvi limiti che anche la Corte costituzionale ha ribadito, a presidio della funzionalità ed efficienze delle attività di primario interesse pubblico svolte dai militari. Sul tema è in corso il dibattito parlamentare su una nuova disciplina di legge, ed è in atto un confronto culturale, prima ancora che giuridico, stante la ritrosia delle gerarchie militari ad accettare l’idea stessa che il militare sindacalista possa agire su un piano di parità con i superiori (ovviamente solo sugli argomenti di sua competenza, e senza interferire con l’attività di servizio che l’ordinamento comunque salvaguarda).
Su questo terreno la prima azione giudiziaria ex art. 28 – conclusasi con un accordo che ha visto revocare il trasferimento impugnato, per adibire il sindacalista ad altro incarico condiviso – ha rappresentato un primo passo per l’affermazione di una nuova cultura di confronto democratico anche in ambito militare.
Nel comunicato diffuso dal Segretario Generale Nazionale SIM-Carabinieri si legge che “un doveroso plauso va al collegio di difesa del network “Legalilavoro” composto dall’avv. Aurora Notarianni del Foro di Messina, dall’avv. Antonio Avino Murgia del Foro di Cagliari, dal prof. avv. Massimo Pallini del Foro di Roma e dal prof. avv. Franco Scarpelli del Foro di Milano, che è riuscito a far valere le ragioni del SIM e costruire una forte critica tecnica ad un provvedimento ritenuto antisindacale”.