Editoriali

Il SIM Carabinieri, lo “scugnizzo per sempre” e i ragazzi di Scampia.

Napoli – È  un afoso pomeriggio di giugno. Finito il lavoro, viaggio da Roma a Napoli senza sosta. Arrivo e sbaglio una rotatoria. Devo percorrere tutto il viale e poi tornare indietro. I palazzi costeggiano la strada: è una zona popolare, è evidente. Ennesima rotatoria ma stavolta è quella giusta. Le Vele sono lì e ci finisco quasi per caso. Vederle da vicino è un misto di stupore e timore. Si ergono alte, con le loro facciate scrostate, colme di scritte e disegni che non ho tempo di decifrare. La sensazione è di abbandono e rassegnazione. Ma tutto quel grigio stride col cielo terso ed il verde dell’erba perfettamente curata del parco, intorno a cui si snoda l’ennesimo viale. E li in fondo, oltre la curva, c’è la mia destinazione di oggi: il centro sportivo Maddaloni. Un’oasi di legalità in uno dei quartieri più problematici di Napoli e d’Italia: Scampia. In netta controtendenza alle mode cinematografiche e letterarie attuali, che sembrano voler rappresentarci la criminalità come detentrice di forza e potere e che troppi giovani provano ad emulare, il Maestro Gianni Maddaloni ha costruito un baluardo contro la violenza, salvando i giovani da un destino scontato in quel contesto, insegnando loro la disciplina della determinazione e del rispetto, dello sport e del judo come riscatto morale. Il cancello è ancora chiuso ed ho tempo di guardarmi intorno, mentre gli allievi arrivano alla spicciolata, sorridenti e silenziosi. Lungo il perimetro della struttura, svettano gigantografie delle giovani ed innocenti vittime della camorra e, al centro, la foto dell’unico clan degno di rispetto: il clan dei Maddaloni al completo con il maestro, i suoi figli ed allievi più prestigiosi. I miei colleghi mi hanno finalmente raggiunta ed entriamo per sfuggire al caldo asfissiante. La sala d’attesa si va riempiendo di mamme e bambini per la sessione pomeridiana di allenamento. Ci guardano. Sanno che non siamo del posto, sanno chi siamo. Mentre aspettiamo l’ arrivo del Maestro, ho tempo di immergermi completamente in quell’ambiente e provare a capire l’impegno e la dedizione di quest’uomo per la sua gente, per i suoi tanti figli. Le pareti sono completamente tappezzate di articoli di giornale, trofei, ringraziamenti e foto dei tanti politici e vip che nel tempo hanno sostenuto Gianni e i suoi figli campioni, i MaddaloniBrothers: Pino, Laura e Marco. E poi eccolo arrivare e riempire la stanza con la sua imponenza. Le donne si affrettano a raggiungerlo, a salutarlo, a chiedere consiglio; non è solo un maestro ma quasi un salvatore per questa gente. Mi riconosce e si avvicina, la stretta di mano è salda e decisa, lo sguardo serio, fisso negli occhi, a studiarci uno per uno. Ci presentiamo, gli racconto,dal vivo, il nostro progetto e lo sguardo si illumina. Ci accompagna all’interno dove ragazzi di tutte le età si stanno allenando ed ognuno di loro, immediatamente ed ordinatamente, accorre per il saluto. Il rispetto e la devozione che provano è commuovente. Sono tanti e di ciascuno lui conosce il nome, la storia personale e familiare, i sogni e le paure. In questa palestra si respirano solidarietà e mutuo soccorso fattivi, reali e sinceri, quelli che il SIM Carabinieri persegue ed è per questo che per il nostro primo progetto solidale abbiamo scelto di avvalerci della collaborazione della famiglia Maddaloni., per aiutare i piccoli malati e le loro famiglie, ospitati dall’Associazione Edoardo Marcangeli. I ragazzi di Scampia qui  hanno trovato il modo di sopperire alle mancanze che derivano da situazioni di vita precarie e spesso collegate alla criminalità. Lui li rende donne ed uomini onesti, sfruttando la loro rabbia, la voglia di emergere, convogliandola nello sport e nel prendersi cura dei più piccoli. Ma l’ aiuto dei Maddaloni non è solo questo: qui sono in pochi a pagare una retta a dir poco irrisoria, il tutto è sostenuto dai benefattori e dai Maddaloni stessi anche con un banco alimentare. Una stanza è infatti interamente dedicata alla raccolta di alimenti da destinare ai più bisognosi, che con tanta umiltà vengo a cercare sostegno, sapendo che Lui troverà il modo di aiutarli. Perché il fulcro di tutto qui non è solo lui ma è la speranza, la voglia di riscatto di quelle famiglie che, come in pellegrinaggio, arrivano in questo tempio caldo e accogliente. Laddove lo Stato non è riuscito, ci sono lui ed i suoi figli, che lottano senza misura per l’inclusione di questi piccoli campioni dello sport in un ambiente familiare sano che, troppo spesso a causa di condanne anche pesanti dei loro padri, i ragazzi non hanno. Qui trovano un punto di riferimento paterno che indichi la retta via perché lui è il padre di tutti questi figli, lo “scugnizzo per sempre” come il premio che la città di Napoli gli ha conferito, che è rimasto tra la sua gente, tra i suoi amici, anche dopo il successo, rendendolo un esempio di vita da rispettare e replicare in ogni quartiere difficile d’Italia.

 

Margot Alessandra D’Andrea

 

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