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Carabinieri: fine di un calvario lungo tre anni

Carabinieri imputati dal 2018 per “lesioni”, “violenza privata” e “falsità materiale aggravata”, assolti “perché il fatto non sussiste”.

La vicenda che vede protagonisti tre colleghi effettivi alla Tenenza di Cesano Maderno, trae origine da una denuncia presentata da un pregiudicato alla locale Questura ed inoltrata all’autorità giudiziaria della Procura di Monza: fatti gravi, accuse pesanti che per anni hanno tolto la serenità ai tre militari dell’Arma coinvolti nella triste vicenda.
I carabinieri, infatti, erano stati accusati di aver picchiato ripetutamente l’uomo con un manganello per costringerlo a rivelare il nome del suo compagno il quale, al momento del controllo, si era dileguato facendo perdere le proprie tracce.

Per una corretta e puntuale ricostruzione della vicenda è necessario però tornare indietro nel tempo, poiché i fatti in oggetto, denunciati dopo circa un mese, sarebbero avvenuti all’interno della caserma di Cesano Maderno in data 2 novembre 2016, durante un servizio presso il Parco delle Groane atto alla repressione del fenomeno di spaccio di sostanze stupefacenti.

I primi dubbi sulla credibilità del denunciante, trovato in possesso 1,17 gr. di hashish, erano già emersi in considerazione del tempo intercorso tra la data in cui sarebbe stato commesso l’ipotetico fatto e la sua reale denuncia.

L’inattendibilità dello stesso, manifestata in tutta la sua evidenza all’interno dell’aula del Tribunale durante la fase dibattimentale, dove giungeva scortato dalla Polizia Penitenziaria in quanto detenuto per altra causa, non è passata inosservata agli occhi del Giudice, che sentenziava per l’assoluzione nonostante la richiesta del PM di cinque anni e otto mesi di reclusione per i militari.

Se è vero che la sentenza pronunciata lo scorso 14 luglio ha restituito dignità ai tre carabinieri, è altrettanto vero che nessuno mai renderà loro la serenità tolta ingiustamente per tre lunghi anni: carriere bloccate, concorsi banditi e addirittura per il più giovane, in ferma volontaria che sarebbe dovuto transitare nel S.P.E. già ad ottobre 2019, il timore di un congedo con disonore; trattamento che naturalmente non trova equità e riscontro in altri fatti e nei gradi minori.

L’Amministrazione già da qualche anno, invece di preservare gli operatori che oggi più di tutti pagano un ingiusto tributo in termini economici, familiari, sociali, psicofisici e sanitari, preferisce trattare i colleghi coinvolti come presunti colpevoli e non come presunti innocenti.

A tutto ciò si aggiungono eventuali trasferimenti per incompatibilità ambientale che distruggono le famiglie, oneri economici per gli avvocati che solo successivamente vengono in parte recuperati e, non di rado, sospensioni che tengono il militare a mezzo stipendio per anni, costringendolo a gravare sulle casse delle famiglie di origine o a dover svolgere altri lavori per poter continuare a sostentare i propri cari.

Il SIM Carabinieri chiede regole certe a tutti i livelli, che partano dalla presunzione di innocenza e che non siano a discrezione del singolo comandante di corpo.

Il SIM Carabinieri chiede nuovamente norme di tutela adeguate, considerando che l’ingiusto danno patito rientri nelle cause di servizio e venga altresì riconosciuto lo status di vittime del dovere per tutti quei colleghi che per anni, ingiustamente, hanno sùbito delle vere e proprie odissee a causa del loro servizio in tutela della comunità.

Il SIM CARABINIERI chiede che nella riforma della giustizia venga contemplata una sorta di autorizzazione a procedere dalla Procura Generale per tutti quei fatti che vedono coinvolti operatori della sicurezza in episodi da cui scaturisce il cosiddetto atto dovuto.

 

SIM CARABINIERI
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